Le sedie di Donald Judd

Nel 1993 Donald Judd contribuì al catalogo che accompagnava una retrospettiva dedicata ai suoi mobili organizzata a Rotterdam, nei Paesi Bassi, con un saggio intitolato È difficile trovare una buona luce.

Nel suo testo Judd esponeva la ferma convinzione che una sedia è semplicemente una sedia, così come l’arte è semplicemente arte.

Judd esigeva che i suoi mobili restassero disgiunti dalla sua arte, non fossero mai venduti attraverso gallerie d’arte né esibiti insieme alle altre sue opere.

Una qualunque percezione di somiglianza tra la sua arte e i suoi mobili (aveva dichiarato) non avrebbe mai dovuto essere interpretata come intenzionale.

Questo dogma così intransigente e caratteristico di Judd lo catapultò al centro dell’acceso dibattito sulla natura dell’arte, dell’architettura e del design.

Le opere d’arte di Judd, i suoi “oggetti specifici“, sperimentavano con volumi, spazi, materiali, colori e forme ed escludevano ogni narrativa: ogni significato veniva a esistere esclusivamente nell’ambito della fisicità e della produzione dei singoli pezzi.

Eliminare il contesto significava anche eliminare la fiducia nell’illusione dello spazio, e questo permetteva di entrare attivamente in dialogo con l’osservatore.

Passando dall’arte ai mobili, e in particolare sedie, Judd si basò su un approccio simile. Questi mobili, che si tratti di una sedia o di un tavolo, esplorano i medesimi temi di volume, spazio e colore, ed esistono soltanto per ciò che sono.

Judd disegnò le sue prime sedie per uso personale dopo essersi trasferito a Marfa, in Texas, nel 1977.

Erano sedie di legno di pino, costruite dallo stesso artista assieme a Caledonio Mediano capocantiere del ranch.

A ispirare questi primi esemplari fu certamente la raccolta di opere di Gustave Stickey, Gerrit Rietveld, Mies van der Rohe ed Alvar Aalto posseduta da Judd, oltre che i volumi della sua biblioteca, che comprendeva testi poco noti sul design dal 1880 in poi.

Le sue sedie più conosciute risalgono però a un periodo successivo, quando Judd cominciò a progettare modelli destinati alla vendita.

Realizzati in legno massiccio, come mogano, ciliegio e abete odoroso, rifiniti con maggiore cura, questi sono stati prodotti in diverse edizioni, tra il 1982 e il 1990, da Jim Cooper e Ichiro Kato di New York.

Judd è passato poi a sperimentare con sedie e altri mobili in alluminio smaltato a cui con il passare del tempo ha aggiunto linee più aperte, materiali più leggeri e colore.

Le sedie “fuori edizione” sono state prodotte invece in luoghi diversi, tra i quali alcuni laboratori nello Yorkshire, in Inghilterra, e a Galway, in Irlanda.

Le sedie di Donald Judd, si possono acquistare qui, essendo opere d’arte numerate il prezzo non è proprio popolare.

RispondiAnnulla risposta

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.