La Longue Chair 175E Contour di Vladimir Kagan

Vladimir Kagan (1927-2016), è stato tra i più importanti designer di interni del Novecento, famoso soprattutto per le linee curve e sensuali dei suoi mobili, che pur restando eleganti mettevano al primo posto la comodità ed erano esageratamente imbottiti.

Curve seducenti che invogliavano ad essere pienamente vissuti, in un effetto scultoreo a dir poco unico.

Kagan nacque a Worms, in Germania, da una famiglia ebraica: suo padre era un ebanista e da ragazzo Kagan lavorò nel suo laboratorio. L’arrivo dei nazisti al potere li costrinse a scappare negli Stati Uniti nel 1938.

Qui Kagan si interessò dapprima di scultura e poi di design e architettura, che studiò alla Columbia University. Aprì il suo primo negozio a New York nel 1949 e poi uno showroom sulla 125 East 57th Street; nel tempo seguirono altri negozi negli Stati Uniti e in Europa.

Kagan divenne rapidamente un designer di successo e i suoi mobili vennero acquistati da celebrità di Hollywood come Marilyn Monroe, Lily Pons, Gary Cooper e, più recentemente, Brad Pitt, Demi Moore, Uma Thurman e Tom Cruise.

Disegnò i mobili per la sala da cocktail della sede temporanea delle Nazioni Unite a New York e negli anni Sessanta rinnovò i mobili della Monsanto House of the Future a Disneyland, un’attrazione che immaginava la casa del futuro.

Kagan fu anche molto abile nel rinnovarsi e adattarsi alle mode. Dopo aver prodotto sedie che si reggevano su sostegni di bronzo, quando il bronzo andò fuori moda negli anni Cinquanta lo sostituì con l’alluminio, che alla fine degli anni Sessanta venne rimpiazzato da plastica e plexiglass.

Alcuni lo criticano per la carriera lunghissima (oltre 60 anni), dicendo che non è stato tanto un innovatore quanto abile nell’adattarsi alle tendenze.

Tra le sue produzioni iconiche c’è la Longue Chair 175E Contour Low Back, disegnata nel 1953 e che fu uno strepito successo.

Incarna tutti i suoi punti e l’effetto scultoreo è particolarmente sorprendente.

La Longue Chair 175E Contour Low Back di Vladimir Kagan

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