I Pininfarina

BIOGRAFIA

Battista Farina, detto Pinin, nasce a Torino nel 1893. Adolescente lavora presso la bottega del fratello Giovanni, carrozziere.

A soli 17 anni è responsabile della produzione di carrozzerie per il modello Fiat Zero e si guadagna la stima di Giovanni Agnelli.

Nel 1920, direttore dell’Ufficio Progetti degli stabilimenti Farina, si reca a Detroit per visitare la Ford e studiarne la dinamica produttiva.

Nel 1930 apre in Corso Trapani 107 a Torino la carrozzeria Pinin Farina, incoraggiato da Vincenzo Lancia.

Tra le prime ideazioni la Cadillac V16 del 1931, l’Alfa Romeo Pescara del 1935, la Lancia Aprilia Aerodinamica del 1936. Del 1947 e la Cisitalia Berlinetta 202.

Nel 1957 gli viene assegnato il Gran Premio Nazionale La Rinascente Compasso d’Oro.

Nel 1961 un decreto del Presidente della Repubblica italiana Giovanni Gronchi cambia il cognome Farina in Pininfarina. Muore nel 1966.

Gli succede il figlio Sergio, (1926-2012), garante di linee guida mai disattese; esemplari negli ultimi trent’anni la Dino Berlinetta Speciale del 1965, la Mythos del 1989 e la 360 Modena del 1999.

Nel 1994 a Sergio Pininfarina viene assegnato il Compasso d’Oro alla carriera. Nel 1987 nasce la Pininfarina Extra, con interessi progettuali al di fuori del settore automobilistico.

Responsabile del design, Paolo Pininfarina, nato nel 1958 e figlio di Sergio, viene eletto amministratore delegato della società.

 

I PININFARINA DESIGNERS

Nelle parole di Battista Farina, detto Pinin, le vicende attinenti al progetto Cisitalia Berlinetta 202, del 1947:

Avevo rotto con tante regole incrostate di ruggine, che andavano forse bene quando uno per salire su una automobile si vestiva come un cacciatore d’orsi;

avevo compreso che le vecchie forme erano saltate m’interessava il rinnovamento dell’architettura dell’insieme.

Il cofano, più basso dei parafanghi, rappresentava esattamente il contrario di quelli che usavano specialmente nelle vetture americane le quali, in tal modo, non offrivano una grande visibilità.

La semplicità del profilo, la linea deportante verso la griglia, le porte di misura ridotta al minimo, i cristalli non più contornati da guarnizioni cromate e l’assenza del montante posteriore sono tutti elementi e caratteristiche attuali, d’oggi.

Non pochi esperti mi dicono che le vetture sportive del nostro tempo ricalcano il disegno della Cisitalia.

Le misure d’ingombro trasversale e verticale, il disegno dei sedili, il rapporto fra le quote di abitabilità rispondono alle esigenze turistiche.

Il che significa offrire un trattamento civile ai passeggeri che all’opposto, e non di rado, vengono introdotti in una vettura come corrente merce d’imballaggio”.

Nel 1951 il Museo d’Arte Moderna di New York accoglie un esemplare della Cisitalia in collezione permanente, quale archetipo di evoluzione della forma mobile.

Sta di fatto che dalla impostazione formale di questa vettura, ha origine la nuova estetica che influenzerà negli anni seguenti l’intera industria automobilistica mondiale”.

Pininfarina riesce a fare questa bella vettura perchè gli presentano anche una meccanica adeguata, un telaio che modelleranno esattamente sulla linea della carrozzeria, perchè attorno alle porte e attorno al parabrezza tutti i tubi saranno modellati creando una gabbia tubolare.

Sarà la prima applicazione al mondo in serie del telaio a traliccio a tubi”.

Nel progetto Cisitalia tutto concorre alla definizione dell’eccellente sintesi tecnico-estetica. Pinin stesso precisa:

“Ero arrivato a un punto del mestiere in cui non conta più la conoscenza tecnica né la pura forma, importa saperle fare stare insieme, senza sforzo o almeno senza denunciare questo sforzo”.

L’equilibrio raggiunto nel design Cisitalia suggerisce a Pinin Farina la possibilità del superamento del dettato formale che caratterizza, dalla fine degli anni trenta alla metà degli anni cinquanta, la produzione automobilistica.

Pininfarina prepara progressivamente un cambiamento di rotta, sin dalla prima metà degli anni cinquanta, tendendo poco per volta le linee principali delle sue carrozzerie, “…una linea è ok, diceva quando è tesa e legata correttamente alle estremitàL’automobile può essere arrotondata,  ciononostante non è molle. E’ questo che fa tutta la personalità della spider Lancia Aurelia B24 e Alfa Giulietta”.

La scocca della B24, del 1954, è retta da briglie ben salde che non inficiano, anzi esaltano la plasticità del disegno. E se all’impatto visivo da ferma questa sei cilindri a V 2451 cc.

Sembra già in movimento, ciò si deve al fatto che il suo aspetto coniuga egregiamente l’intenzione progettuale.

Quella stessa che si concretizzerà l’anno seguente nella Giulietta Spider.

L’azienda fondata nel 1930 dal designer imprenditore Pinin Farina negli anni cinquanta passa con la Giulietta dalla dimensione produttiva artigianale all’industria per la serialità di prodotti di nicchia.

Mentre le scocche sino ad allora prodotte, venivano fatte su forme in legno, rinforzate da bordioni in ferro, sulle quali i battilastra battevano le lamiere, poi saldate e assemblate, per la prima volta con la Giulietta Spider, non usiamo gli stampi.

E tutto ciò comporta si il massimo investimento, gli stampi costano cari rispetto al tradizionale procedimento, ma anche il massimo della resa, in precisione millimetrica, sui pezzi prodotti…

Certo occorre una tiratura a conforto dell’entità dell’ investimento, altrimenti…Questo però è quanto e avvenuto con la Giulietta Spider.

Ne abbiamo prodotte trentamila unità nell’arco di dieci anni”.

Nel 1965 la Pininfarina presenta al Salone di Parigi un prototipo di ricerca altamente significativo: “La Dino Berlinetta Speciale segna anche il cambiamento generazionale ai vertici della nostra azienda”, ricorda Sergio.

L’anno seguente nell’assumere alla morte di mio padre, la Presidenza…

Nel 1965, egli non vuol rinunciare a raggiungermi al Salone di Parigi, malgrado la sua salute fosse ormai irrimediabilmente compromessa. Stette pochi minuti, il tempo di osservare la Berlinetta rosso fiamma e pronunciare quelle parole che ancora oggi mi inorgogliscono:

Questa macchina potrebbe essere mia nipote, è figlia della seconda generazione”.

E’ così che il disegno ha potuto diventare, come tale e al di là del prodotto, la vera competenza distintiva dell’impresa, ossia l’oggetto critico del management;

ed ogni modello il risultato di un know-how rivisitato per cultura complessiva dell’impresa e non solo dei singoli, a ridosso di opportunità tecniche e di sfide socio-economich sempre più ampie; e dunque difficili da trascegliere”.

Negli ultimi trent’anni, il design Pininfarina declina prototipi e vetture di serie altamente significativi del processo di evoluzione della forma, dello studio del comportamento meno offensivo nei confronti dell’ambiente;

esemplari, su meccanica Ferrari, tra i primi la Testarossa (1984), la monotipo Mythos (1989), la 360 Modena (1999), tra i seguenti il progetto Ethos (1992-1995) e Metrocubo (1999).

 

 

 

 

 

 

 

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